Bergamo Sociale Blog

... agiva quella potenza immediata che scaturisce da una cerchia d' uomini in raccoglimento: una percezione che ha sempre fatto presa su di me. Quando alcuni uomini guardano insieme un punto nello spazio, fissano qualcosa, si impadronisce di me un turbamento irresistibile. Il sangue mi sale alla testa: dissolve, cancella l'indifferenza che mi è connaturata. All'istante sono conquistato dalla loro gioia.
Pierre Drieu La Rochelle

giovedì 13 marzo 2008

SALARI E STIPENDI: ANALISI DI UNA CRISI

SALARI E STIPENDI: ANALISI DI UNA CRISI

Nell’ultimo biennio è emerso in maniera sempre più preponderante un fenomeno di particolare criticità per la salute del nostro tessuto sociale ed economico: la perdita del potere d’acquisto di salari e stipendi e l’aumento incalzante dei prezzi al consumo.
Le condizioni economiche e le aspettative future degli italiani registrano un vertiginoso peggioramento rispetto al trend europeo, tanto che il senso di precarietà e di insicurezza dei nostri concittadini si traduce quotidianamente in una costante frattura, apparentemente insanabile, tra politica, legalità, ambiente ed il benessere generale del paese. La tanto declamata “terza settimana” si consolida come ostacolo di difficile gestione per buona parte delle famiglie, la cui unica fonte di guadagno è direttamente imputabile a forme di reddito da lavoro dipendente. In tal senso solo poco più di un terzo delle famiglie (38,2%) riesce ad arrivare a fine mese con relativa tranquillità e si consolida in maniera considerevole il ricorso a prestiti di natura finanziaria. Basti pensare all’accensione di mutui per acquisti sulla prima casa che comprendono poco più della metà dell’indebitamento complessivo (oltre 490 miliardi di euro sul totale delle passività finanziarie dei soggetti sopraccitati).
Dal “Rapporto Italia 2008” presentato a Roma dall’Eurispes, la Lombardia risulta la regione più indebitata del Belpaese, con prestiti pari a 14.978 milioni di euro, prestiti concessi in maniera sostanzialmente equanime sia dal sistema bancario sia dalle società finanziarie. Ma accanto al credito sulla prima casa cresce in modo accentuato il ricorso al cosiddetto “credito al consumo”, indice quest’ ultimo di una limitata e impropria capacità economico-contributiva delle famiglie rispetto all’ incalzante aumento inflazionistico registrato. I nostri salari e stipendi sono i più bassi d’Europa, inferiori del 10% rispetto alla Germania, del 20% rispetto al Regno Unito e del 25% rispetto alla Francia, divario ulteriormente accentuato dalla Finanziaria 2007 attraverso il superamento del sistema di deduzioni di imposta riconosciute al lavoratore dipendente, operazione a indubbio svantaggio del rispettivo reddito netto effettivamente percepito.
La crescita dell’inflazione registrata nel mese di gennaio c.a. è stata del 2,9% con un progressivo aumento dei prezzi al consumo pari allo 0,4% su base annua, dati quest’ultimi strettamente correlati alle persistenti tensioni sui prezzi energetici e all’aumento dei prezzi nel comparto alimentare. L’oggettiva consistenza di un tale incremento non può non destare forti preoccupazioni per le drammatiche conseguenze prodotte sui redditi medio-bassi, arrivando a comprendere parte di quel ceto medio un tempo culla della stabilità e della sicurezza economica italiana. I beni di prima necessità risultano i più colpiti: pane + 12,30%, pasta + 10,%, latte + 8,7%, frutta + 4,8%, a fronte di un aumento del 12-15% di benzina e gasolio. Altrettanto critica è la situazione inerente al prezzo dei servizi, altro dato fondamentale per qualificare il tenore di vita dei cittadini e della comunità più in generale: aumentano i trasporti in primis, il comparto delle telecomunicazioni, il settore automobilistico, via via arrivando al settore degli elettrodomestici e della telefonia mobile.
Non si può inoltre non rivolgere un occhio di riguardo alla situazione delle nostre imprese, con una pressione fiscale reale attestata nel 2007 al 42,5% (43,3% secondo l’Istat) del prodotto interno lordo (il valore più alto dal 1997) a cui sovente non corrisponde un adeguato livello di servizi offerti e a indubbio discapito dell’indice di competitività produttiva a livello nazionale e internazionale del nostro sistema azienda.
Diamo per assodato il dovere tributario dei soggetti contribuenti nei confronti dell’amministrazione finanziaria, ma a fronte di una situazione contingente estremamente sfavorevole questo dato incide ancor più negativamente sulla già precaria situazione del mercato del lavoro, incapace di rispondere all’effettiva potenzialità di produrre ricchezza delle famiglie italiane.
In virtù di quanto fin qui detto è opportuno quindi tracciare alcune considerazioni fondamentali:
- E’ innanzi tutto auspicabile il superamento dell’attuale sistema di conteggio delle detrazioni di imposta in favore del sistema deduttivo abrogato con la Finanziaria 2007.
Le deduzioni fiscali si propongono come un’agevolazione che agisce in maniera proporzionalmente diretta al crescere o al decrescere del reddito lordo, giacché basata sul principio di riduzione della base imponibile soggetta a tassazione irpef. Tale sistema si pone come strutturalmente favorevole non solo per la fascia dei redditi cosiddetti “medio-bassi”, ma anche per i redditi alti in quanto destinatari di aliquote marginali più alte.
- In secondo luogo credo sia basilare prospettare per il futuro una riforma sostanziale dell’impiantistica contrattuale del lavoro, intaccando la forte burocratizzazione dell’iter procedurale relativo ai rinnovi contrattuali. Il rinnovo contrattuale è di fatto uno degli strumenti più efficaci attraverso cui si attua un primo reale adeguamento dei salari e degli stipendi (e quindi del potere di acquisto dei lavoratori dipendenti) rispetto all’andamento inflazionistico corrente. Ridurre il periodo della cosiddetta “vacanza contrattuale” (ovverosia il periodo che intercorre tra la scadenza di un contratto collettivo ed il rispettivo rinnovo) diviene obiettivo imprescindibile al fine di dare una risposta forte al problema, decentrando l’onere del rinnovo economico a livello regionale (ed eventualmente integrato da accordi aziendali) e creando nel contempo quei presupposti di corrispondenza diretta tra costo della vita e retribuzione reale rispetto al territorio di interesse.
- Altro punto riguarda la problematica degli straordinari. E’ di primaria importanza non solo introdurre sistemi di de-contribuzione in favore della aziende e indipendentemente da qualsiasi vincolo dimensionale, ma è altrettanto importante modificare il regime di tassazione ordinaria a cui gli stessi straordinari sono soggetti. In tal senso sarebbe opportuno prevedere l’estensione dell’applicazione dell’ imposta sostitutiva (già peraltro applicata alle rivalutazioni sul Trattamento di fine rapporto) con l’individuazione di un’aliquota attestabile al 10% – 11%. L’attuazione di un regime di tassazione diversificato non solo determinerebbe un sostanziale incremento della retribuzione mensile effettivamente percepita dai lavoratori, ma sancirebbe un’inversione di tendenza rispetto alla cosiddetta “retribuzione fuori busta”.
- In ultima istanza è auspicabile l’individuazione di regimi agevolativi in favore delle aziende rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato e a tutela di determinate fasce. E’ incontestabile il fatto che la Legge Biagi abbia strutturalmente modificato la stazionarietà del mercato del lavoro italiano antecedente al 2003. Tuttavia a lungo andare e di fronte a un incalzante aumento del costo del lavoro, i rapporti cosiddetti flessibili sono divenuti causa di precarietà più che di flessibilità, incidendo in senso peggiorativo sulla mobilità sociale di una delle fasce più a rischio: i giovani. Resta ben inteso che il principio di flessibilità, qualora tutelato da un contesto normativo strettamente definito, rappresenti un punto cruciale per rilanciare la competitività del nostro paese, ma questo principio non può e non deve gravare sulla capacità di acquisire competenze professionali adeguate e sulla stabilità economica del soggetto dipendente. Professionalizzare un lavoratore significa creare i presupposti affinché in un futuro prossimo lo stesso lavoratore sia portatore di innovazione e di potenzialità formative rispetto ai nuovi mercati in continua evoluzione e contestualizzati in un ambito globale. Assumere questo criterio come assunto inderogabile significa creare i presupposti affinché la qualità del sistema-lavoro sia protagonista nel tempo di un positivo e continua rilancio concorrenziale del nostro sistema produttivo a beneficio della nostra economia nazionale e della nostra comunità.
Luca D’Angelo

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottima interpretazione dei problemi che preoccupano imprenditori e dipendenti. Ottimo sviluppo del discorso con ipotesi concrete di come affrontare i problemi.
Io aggiungo che per quanto concerne il problema quasi fantomatico della lotta all'evasione sarebbe auspicabile ci fossero nuove forme di incentivazione per i privati a richiedere scontrini e fatture.

Anonimo ha detto...

Non posso che ringraziarla per aver espresso parere favorevole in merito alle considerazioni tracciate relativamente alla questione in oggetto. Mi trovo alfine concorde con quanto da Lei espresso nella richiesta di maggiori incentivi per i privati, con un particolare occhio di riguardo alla cosiddetta "correttezza" fiscale ancora oggi per molti versi estranea al senso civico di molti soggetti economici.
Non v'è dubbio alcuno che il prelievo fiscale risulta per certi versi insostenibile proprio a causa dei diffusi fenomeni evasivi ed elusivi fin troppo radicati nelle consuetudini di molti italiani.
Luca D'Angelo